Le morti bianche non accennano a fermarsi. Nei primi dieci mesi del 2022 si sono registrate 909 vittime, mentre le denunce per infortuni sono in crescita del 33% rispetto al 2021. Quali sono le cause principali di un fenomeno così drammatico?
La causa principale risiede nel mancato o scarso investimento nella sicurezza da parte di troppe aziende. Spesso ai lavoratori, specialmente ai neoassunti e a quelli in nero, non sono adeguatamente formati in materia di salute e sicurezza, né si illustra loro quali sono i rischi specifici della prestazione lavorativa che gli viene richiesta.
A volte, invece, le aziende non forniscono ai lavoratori adeguati Dispositivi di protezione individuale, come ad esempio caschi da lavoro per la protezione della testa, maschere per esalazioni gas o sostanze tossiche, visiere protettive, scarpe antinfortunistica, imbragature per protezione dai rischi di caduta dall’alto.
Purtroppo, capita anche che le morti sul lavoro siano imputabili a imprudenza o negligenza dei lavoratori stessi che non indossano, o indossano in modo non corretto, i dispositivi di protezioni individuale. Per esempio, il casco o l’imbragatura per i lavori su un ponteggio o per i lavori in quota.
In materia di salute e sicurezza qual è il ruolo dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro?
In forza della Legge del 17 dicembre 2021, numero 215, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha un ruolo di coordinamento dell’attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, in quanto è chiamato a promuovere e a coordinare a livello provinciale l’attività di vigilanza esercitata da tutti gli organismi ispettivi richiamati dal novellato dell’articolo 13 del Decreto legislativo numero 81 del 2008.
Nella maggior parte delle imprese private non esistono rappresentanze sindacali interne. Quanto incide questa assenza sul mancato rispetto delle norme sulla sicurezza?
Sicuramente molto. La prima figura necessaria in azienda è il Rappresentante dei lavoratori per la Sicurezza eletto nell’ambito delle RSU/RSA. Se mancano queste figure le aziende hanno buon gioco a eludere l’osservanza delle norme in materia di sicurezza.
Sia come numero sia come competenze professionali l’organico della sua amministrazione è oggi in grado di far fronte ai compiti richiesti?
Purtroppo no. Il personale tecnico specializzato è ridotto a poche centinaia di unità sparse sul territorio nazionale che non sono in grado di garantire un’efficace attività di vigilanza su tutte le imprese territorialmente censite, mettendo a repentaglio anche la stessa realizzazione della missione istituzionale.
È pur vero che è stato concluso un concorso pubblico per l’assunzione di circa 1.200 ispettori tecnici da incardinare presso gli Uffici Territoriali dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Ma tali unità non sono comunque sufficienti a coprire la grave carenza di organico e il prossimo turn over del personale.
Eppure il carico di lavoro dell’Ispettorato è decisamente aumentato da circa un anno a questa parte.
È così. La legge del 17 dicembre 2021 numero 215 ha restituito all’Ispettorato le competenze che aveva in precedenza in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro. Competenze fino ad allora limitate al settore edilizia e pochi altri settori. In sostanza, sono state restituite all’Ispettorato Nazionale del Lavoro le competenze inizialmente previste dal Legislatore nel 1912 e che ha esercitato fino al 1978, quando con l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, la competenza stessa venne affidata alle costituende Regioni e per esse alle attuali ASL presso le quali operano tuttora gli Spresal (Servizio di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro).
Ritiene che gli investimenti per la formazione sulla sicurezza siano sufficienti?
Assolutamente no. Le imprese purtroppo hanno molti oneri contributivi e fiscali da sostenere e la formazione sulla sicurezza costa. Per cui spesso non investono o non possono investire a sufficienza sulla migliore formazione in materia.
Quali suggerimenti darebbe al nuovo governo per affrontare il dramma degli infortuni sul lavoro?
Innanzitutto, sostenere e investire sulla vigilanza in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro. Prima di tutto attraverso le assunzioni di personale specializzato e formato a svolgere tali attività anche tramite assunzioni straordinarie di personale utilizzando i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Inoltre, il governo dovrebbe mettere le imprese nella condizione di investire risorse in formazione e in dotazioni tecniche di ultima generazione a protezione dei propri lavoratori. Come? Ad esempio attraverso sgravi fiscali o deduzioni dall’Ires ovvero con crediti di imposta per l’acquisto e/o il rinnovo dei dispositivi di protezione individuale.
Ilaria Casali, Coordinatrice generale UILPA Lavoro
A cura dell’Ufficio comunicazione UIL Pubblica Amministrazione
Roma, 17 gennaio 2023