A leggere le analisi di certi commentatori sullo sciopero generale indetto da CGIL e UIL il 29 novembre scorso, viene da chiedersi se questi signori riescano a uscire dalla gabbia di luoghi comuni. Qualcuno arriva al punto di equiparare l’effetto di uno sciopero generale a un intasamento per i lavori in autostrada. O a una sorta di week-end lungo in vista dello shopping natalizio.
Si vede che hanno le idee un po’ confuse. Quando le piazze di 43 città italiane si riempiono di lavoratori in protesta, come è avvenuto il 29 novembre, il Black Friday c’entra poco. Se molti che fanno informazione possedessero un minimo di indipendenza di giudizio, potrebbero rendersi conto che uno sciopero generale è una protesta contro il potere politico-economico. Una protesta contro chi compie le scelte in materia fiscale, previdenziale, sanitaria, occupazionale. E contro chi bisognerebbe farlo, uno sciopero del genere, se non contro chi governa il Paese?
Dicono che con gli scioperi il sindacato fa politica. Hanno ragione: facciamo politica sindacale. Facciamo politica dei salari. Facciamo politica di difesa del lavoro e dell’occupazione. Facciamo politica sociale. Facciamo politica per rispettare i diritti di uguaglianza e democrazia sanciti dalla Costituzione.
In compenso, ci sono anche diverse cose che non accadono durante lo sciopero generale e non sono accadute in 43 città italiane nemmeno il 29 novembre scorso. Ne ricordiamo qualcuna.
I lavoratori che sfilano in piazza con le grandi Confederazioni sindacali non nascondono i motivi della protesta, anzi li scrivono sui loro manifesti perché tutti li possano leggere.
Non si coprono la faccia con passamontagna. Girano a viso scoperto perché non hanno nulla da nascondere. Portano bandiere con le insegne delle Organizzazioni a cui appartengono e delle quali è noto a tutti il nome, l’indirizzo e lo statuto.
Non cantano inni di odio, ma canzoni che ricordano le lotte per la libertà, la democrazia e per avere salari migliori.
Non puntano a occupare i palazzi del potere, ma chiedono agli inquilini di quei palazzi di essere ascoltati.
Non vogliono distruggere l’economia, ma renderla più giusta e più umana.
E se per qualcuno tutto questo certifica la fine del sindacato, per noi vale la pena continuare a vivere questa storia come l’abbiamo sempre vissuta: a testa alta.
Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione
Roma, 3 dicembre 2024