Il settore pubblico è fortemente impattato dall’adozione dell’intelligenza artificiale. Il 57% dei 3,2 milioni di dipendenti pubblici italiani è altamente “esposto” all’impatto dell’IA nella propria attività, ovvero sarà interessato da una forte interazione tra le mansioni svolte e quelle che gli algoritmi sono in grado di svolgere. Questa interazione potrà tradursi in un arricchimento delle attività grazie all’apporto dell’IA, oppure in una sostituzione dei lavoratori. Si tratta di ben 1,8 milioni di persone, in particolare dirigenti, ruoli direttivi, tecnici, ricercatori, insegnanti, legali, architetti, ingegneri, professionisti sanitari e assistenti amministrativi.
Tra i lavoratori pubblici altamente esposti, gran parte (l’80%) potrebbe integrare l’intelligenza artificiale nel suo lavoro, ottenendo notevoli miglioramenti: circa 1,5 milioni di lavoratori con ruoli di leadership e gestione (come dirigenti scolastici, responsabili strategici e leader di progetti innovativi, esperti tecnici e professionisti, prefetti, magistrati e direttori generali), infatti, possono operare in modo complementare con le nuove tecnologie, se adeguatamente formati e con un’organizzazione abilitante. Ma c’è un 12% a rischio di sostituzione: sono vulnerabili ben 218mila dipendenti pubblici appartenenti alle professioni meno specializzate, caratterizzate da compiti ripetitivi e prevedibili che potrebbero essere facilmente svolti dall’intelligenza artificiale.
Sono alcuni risultati della ricerca “L’impatto dell’intelligenza artificiale sul pubblico impiego” presentata questa mattina da FPA, in apertura di FORUM PA 2024, l’evento annuale di confronto tra i soggetti pubblici e privati dell’innovazione in programma a Roma fino al 23 maggio. Un’indagine che, mutuando la metodologia dei più importanti lavori della letteratura scientifica sul tema (Felten, 2021 e Pizzinelli, 2023), evidenzia come l’avvento dell’intelligenza artificiale rappresenti una vera e propria rivoluzione per la PA.