Il Ministero della Salute esercita funzioni importantissime per l’intera collettività nazionale. Tutto ciò che avviene nell’assetto organizzativo di questa amministrazione ha una ricaduta, diretta o indiretta, sulla qualità della vita dei cittadini. In un contesto del genere, è essenziale che i cambiamenti nella macchina organizzativa – necessari per adeguare la funzionalità delle strutture alle continue novità legislative – avvengano in uno spirito di assoluta trasparenza e con il massimo coinvolgimento delle organizzazioni rappresentative del personale ai vari livelli. Sembrano considerazioni di evidenza solare, ispirate come sono da un principio di interesse pubblico. Eppure al Ministero della Salute sembrano non pensarla allo stesso modo.
Ne fa prova il DM Albania adottato in attuazione della ormai nota legge n. 14/2024 sull’attuazione del Protocollo tra il Governo della Repubblica italiana e la Repubblica di Albania per il “rafforzamento della collaborazione in materia migratoria”: un atto organizzativo interno di enorme rilevanza del quale, tuttavia, le OO.SS. sono venute a conoscenza solo attraverso una semplice “informativa”.
Come UILPA abbiamo subito avanzato perplessità su vari aspetti di questo provvedimento, in particolare per quanto riguarda la sicurezza del personale medico chiamato ad operare in un contesto extra-UE e per il quale non risulta sia stata attivata alcuna copertura assicurativa. Né abbiamo ancora ricevuto risposte soddisfacenti sulle responsabilità, sulle garanzie logistiche, economiche, di sicurezza e di autonomia operativa, per non parlare dell’opacità dei criteri di scelta del personale coinvolto.
Un altro esempio riguarda la situazione di degrado organizzativo che affligge gli Uffici di Sanità Marittima Aerea e di Frontiera (USMAF) presenti sul territorio italiano: strutture ormai al collasso a causa della cronica carenza di personale medico. Si tratta – è bene ricordarlo – di uffici territoriali che quotidianamente garantiscono la prevenzione sanitaria e la profilassi internazionale su passeggeri e merci in ingresso nei porti e negli aeroporti nazionali.
Solo per avere un’idea dell’entità del problema: al porto di Genova, uno dei più importanti d’Italia, è in servizio un solo medico, mentre in tutte le strutture sparse sul territorio nazionale se ne contano appena 65, contro i 127 presenti nelle sedi centrali. Possibile che né il Ministro, né i Sottosegretari, né alcun super-burocrate si accorgano del paradosso?
Restando sul tema della carenza di personale ci chiediamo poi come mai l’amministrazione trattenga o richiamati in servizio dirigenti già pensionati. È vero che tale pratica è in applicazione dell’articolo 4 comma 6 bis della legge del 23 febbraio 2018, n. 18, e acquisita al protocollo DPRES n. 955 del 28 giugno 2024. Ma la norma va applicata cum grano salis prevedendo operativamente e per tempo la necessità di lasciare spazio a giovani dirigenti per il naturale ricambio del personale.
È tempo che l’amministrazione accetti il dialogo con il sindacato, invece di continuare ad agire con provvedimenti unilaterali mirati unicamente a soddisfare l’agenda politica del Governo. Provvedimenti che non giovano all’efficienza delle strutture organizzative né alla qualità del servizio. Al Ministero della Salute gli esempi di questo atteggiamento autoreferenziale non mancano. Ci riferiamo all’impasse che si registra al tavolo delle trattative per la dirigenza, così come ai criteri per l’organizzazione dell’ “Organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria” recentemente istituito dall’art. 2 del decreto-legge 73/2024.
È tempo che il ministro Schillaci convochi le legittime rappresentanze del personale per discutere delle criticità che i recenti provvedimenti di riorganizzazione del Ministero inevitabilmente pongono. Criticità che rischiano di bloccare qualunque riforma – anche se animata dalle migliori intenzioni – e che si possono superare solo cercando soluzioni condivise al tavolo sindacale.
Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione
Roma, 17 luglio 2024