Da anni ripetiamo che il rilancio della P.A. passa innanzitutto attraverso due fattori: 1) la formazione continua dei dipendenti in servizio; 2) la stabilità dei rapporti di lavoro.
Ma la politica è sorda e persevera nei suoi errori. La dimostrazione? Basta leggere i dati diffusi dai report della Ragioneria Generale dello Stato. Dati che mostrano il forte incremento di rapporti di lavoro precario nella P.A. negli ultimi anni.
Il ricorso al precariato come metodo per incrementare i livelli occupazionali è una scelta perdente e deprecabile. Lo è ancora di più nella Pubblica Amministrazione che, per la rilevanza sociale delle funzioni che svolge, deve investire a lungo termine sulla professionalità dei lavoratori. Ma come si possono programmare politiche del personale efficaci col precariato?
Con circa 12mila contratti part-time e/o a tempo determinato, il Ministero della Giustizia è oggi il più grande serbatoio di precariato delle Funzioni Centrali. Questi lavoratori offrono tutti i giorni un contributo insostituibile alla funzionalità degli uffici cui sono assegnati, al fianco e al pari dei colleghi a tempo indeterminato.
Ora, grazie a una lunga e difficile contrattazione integrativa sulle famiglie professionali e sul nuovo ordinamento giudiziario, i precari della Giustizia sono stati collocati nelle nuove qualifiche. Ci sono dunque le condizioni per programmare la trasformazione a tempo indeterminato dei loro rapporti, evitando così di disperdere la preziosa formazione che hanno acquisito sul campo.
L’inverno demografico della P.A. si supera con investimenti a lungo termine che presuppongono stabilità occupazionale. Perciò continueremo a tallonare la politica fino a quando non avremo raggiunto l’obiettivo di stabilizzare tutti i precari. Nessuno escluso.
La nostra battaglia per le stabilizzazioni è condotta nell’interesse dei lavoratori, delle amministrazioni e dei cittadini che fruiscono dei servizi pubblici.
Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione
Roma, 15 novembre 2024