L’intelligenza artificiale è il tema del giorno. Affascina e preoccupa allo stesso tempo. Affascina perché alcune macchine simulano caratteristiche dell’intelligenza umana, preoccupa per le ricadute sull’occupazione. Per questi motivi all’interno dell’ultimo Consiglio nazionale Uilpa (16 e 17 giugno scorsi) si è tenuta una conferenza dal titolo IA: posizioni e sfide sindacali, il protagonismo della UIL. E di protagonismo si tratta in quanto siamo il primo sindacato che ha istituito un gruppo di studio permanente su questo tema.
Torno perciò a parlare di intelligenza artificiale sia per l’interesse che la conferenza ha registrato tra i partecipanti al Consiglio nazionale sia per l’uscita di uno studio dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AGID) che due giorni fa ha pubblicato un’indagine intitolata: “L’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione – Rapporto 2025 – Ricognizione delle PA centrali”. Si tratta di uno studio per noi molto utile perché aiuta a comprendere alcuni importanti aspetti della trasformazione dell’organizzazione del lavoro in atto negli uffici pubblici e perché il campione utilizzato comprende parecchie amministrazioni che ricadono nelle Funzioni Centrali.
Dall’indagine emerge che le applicazioni dotate di intelligenza artificiale utilizzate nella P.A, riguardano per lo più attività come “classificazione e comprensione di contenuti testuali, generazione automatica di risposte, output e servizi tramite interazioni in linguaggio naturale, scritto o parlato.” Viceversa, è ancora marginale l’utilizzo di “sistemi in grado di interagire con l’ambiente fisico, apprendere dall’esperienza ed eseguire compiti in modo autonomo, con capacità decisionali integrate”.
Fin qui nulla di sorprendente per chi come noi conosce bene le criticità dell’organizzazione del lavoro nelle nostre strutture. Criticità confermate da una serie di recenti interviste ai nostri coordinatori nazionali condotte dall’Ufficio comunicazione Uilpa e che chiunque può leggere sul nostro sito Web.
Entrando nello specifico le preoccupazioni iniziano con la lettura del paragrafo sulle competenze per lo sviluppo delle iniziative progettuali di I.A., dove emerge una “dipendenza significativa da attori esterni, in particolare società di consulenza e informatica, alle quali viene affidata in media circa la metà delle attività progettuali”.
Come se non bastasse, le amministrazioni non sembrano in grado di “adeguare i profili professionali interni alle esigenze progettuali, o di formare risorse in linea con gli obiettivi di sviluppo e gestione delle soluzioni IA.”. Il che si riflette (guarda caso) in una “marcata esternalizzazione delle fasi progettuali, affidate prevalentemente a imprese private”.
Ora, l’intelligenza artificiale è parte della tecnologia a base digitale che ha già circa 70 anni di storia alle spalle e dunque non è da oggi che viene utilizzata. Perciò siamo in grado di non farci abbagliare dal mito della novità né di cadere nell’errore che la tecnologia sia avulsa dal contesto socio-economico in cui nasce e si sviluppa. Per restare nel giardino di casa nostra, da molto tempo la P.A. spende ogni anno cifre ingenti in innovazione tecnologica con risultati che presentano più ombre che luci. Intendiamo dire che l’intelligenza artificiale nella P.A. corre il rischio di trasformarsi nell’ennesimo business per aziende private e consulenti esterni come è avvenuto per altre innovazioni tecnologiche.
La conferma che il rischio si sia già trasformato in certezza ora arriva da una fonte istituzionale pubblica come l’AGID. Ebbene, dobbiamo cambiare strada. L’innovazione tecnologica della P.A. deve passare innanzitutto dalla ricerca, dalla selezione, dalla formazione e dalla valorizzazione di competenze specialistiche interne alla P.A. Altrimenti l’intelligenza artificiale diventa il cavallo di Troia per continuare a smantellare gli uffici pubblici. E la più che trentennale esperienza di privatizzazione dei servizi dello Stato è una storia di fallimenti: maggiori costi per i cittadini, minore qualità e fiumi di denaro pubblico che finiscono nelle tasche dei privati.
È anche per questi motivi che continueremo a chiedere un maggiore coinvolgimento del sindacato nella definizione dei piani dei fabbisogni professionali delle amministrazioni. La Uilpa è un sindacato responsabile e pensa al futuro della Pubblica Amministrazione in termini di autonomia, innovazione interna e crescita della qualità dei servizi. È un ruolo che continueremo ad assumerci vista la latitanza della politica su questo fronte. E non staremo a guardare l’innovazione tecnologica passarci sopra la testa.
Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione
Roma, 20 giugno 2025