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Colombi. Basta giocare con le statistiche. Affrontiamo i problemi reali del lavoro

Se per capire la situazione socio-economica dell’Italia ci si lascia guidare dai numeri si può andare fuori strada oppure tagliare inaspettati traguardi. Ovviamente chi ci governa opta per la seconda possibilità. E così a leggere dati, statistiche e studi sfornati da blasonati istituti va tutto bene.

 

Prendiamo i dati sull’occupazione. Secondo l’Istat sembra che l’Italia stia vivendo una specie di età dell’oro: il tasso di occupazione è in aumento da diversi mesi e il numero complessivo degli occupati appare oggi nettamente superiore a quello di un anno fa. Nello stesso tempo diminuisce il numero di persone in cerca di lavoro. E persino fra i giovani e le donne – storici punti deboli del panorama italiano – si registrano miglioramenti.

 

Se poi parliamo del quadro macro-economico, l’Ufficio parlamentare di bilancio ci spiega che le cose vanno ancora meglio. L’inflazione scende, il PIL sale, le dinamiche retributive sono “sostenute” e stanno determinando un recupero del potere di acquisto dei salari. Ma ancora: le esportazioni vanno benone, mentre i consumi privati sono previsti in crescita da qui alla fine dell’anno e in ulteriore accelerazione nel 2025.

 

E il reddito delle famiglie? In netto aumento nel 2024 rispetto all’inflazione. Anzi, in Italia va persino meglio che negli altri Paesi del G7, visto che come afferma un recentissimo report OCSE, nel nostro Paese si registra un aumento addirittura del 3,4% “trainato da un aumento della retribuzione dei dipendenti e dei trasferimenti sociali in natura”.

 

Non finisce qua. Le morti bianche sono in diminuzione e la povertà lavorativa è un fenomeno che riguarda un numero esiguo di persone. Insomma a leggere i numeri sbandierati dalla stampa, le cose meglio di così non potrebbero andare. Benvenuti nell’Italia Felix.

 

Per far cadere questo castello di carte truccate basta porsi una domanda: chi sono gli “occupati” per l’Istat? Sono “persone con più di 15 anni che nella settimana di rilevazione hanno svolto almeno un’ora di lavoro in una qualsiasi attività che preveda un corrispettivo monetario o in natura; hanno svolto almeno un’ora di lavoro non retribuito nella ditta di un familiare nella quale collaborano abitualmente; sono assenti dal lavoro (ad esempio, per ferie, cassa integrazione o malattia.)” Ogni commento è superfluo.

 

Altra domanda. Da quando sono diminuite le morti bianche? Secondo il Ministero del Lavoro dal primo semestre 2024 rispetto al 2019. Però se si prende a riferimento il 2023 si nota che i morti sul lavoro sono aumentati. Se poi se parliamo di retribuzioni in rapporto all’inflazione, non c’è un solo settore del lavoro nel quale gli aumenti contrattuali sono riusciti a compensare la perdita di potere d’acquisto dei salari. Solo che per accorgercene dovremmo prendere in considerazione non solo l’inflazione del primo semestre 2024, ma quella cumulata del triennio 2022-2024.

 

Conclusione: agli istituti di ricerca chiediamo di non sfornare statistiche politicizzate, alla stampa una verifica dei dati che pubblicano e al governo di finirla di giocare coi numeri. La maggioranza dei lavoratori vive una condizione molto preoccupante e in troppi casi drammatica perché pur lavorando non si arriva a fine mese. Usciamo dalla propaganda e insieme affrontiamo i problemi reali del lavoro se davvero vogliamo costruire un’Italia meno infelice.

 

Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione

 

Roma, 26 agosto 2024