In questi giorni stiamo ricevendo la busta paga contenente l’anticipo contrattuale relativo al decreto 145. Come avevamo previsto l’erogazione in un’unica soluzione della somma prevista dal decreto anticipi si traduce in una penalizzazione per buona parte di coloro che la ricevono. Ciò a causa del perverso incastro tra incremento delle aliquote fiscali e mancato taglio del cuneo.
Morale della favola: i faraonici aumenti strombazzati dal governo, che avrebbero dovuto regalare un ricco Natale agli statali, si stanno rivelando nettamente inferiori alle promesse. Promesse alle quali non avevamo mai creduto perché abituati a leggere bene le norme e a non fidarci dei giornali.
In compenso in Italia c’è qualcuno che sta festeggiando un Natale davvero grasso: il fisco. Che grazie a questa operazione verso i pubblici dipendenti sta incassando un bel gruzzolo per effetto dell’impennata delle aliquote Irpef. In un mondo normale ci si sarebbe aspettato che il taglio del cuneo fiscale si applicasse anche agli anticipi contrattuali erogati a dicembre. O che la tredicesima fosse assoggettata in modo permanente a un regime di decontribuzione, come il sindacato chiede da tempo. Ma in questo Paese la normalità ormai è solo quella degli annunci mirabolanti, mentre la realtà rivela che il lavoro pubblico continua ad essere un limone da spremere fiscalmente per far quadrare i conti dello Stato.
D’altronde, è sufficiente gettare un occhio all’ultimo Rapporto mensile sull’andamento delle entrate tributarie e contributive, redatto dal Dipartimento delle finanze e dal Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, per trovare che l’incremento del gettito IRPEF nei primi 10 mesi del 2023, pari al 10%, è dovuto in buona misura all’aumento dei versamenti in conto residui “riferiti alla componente ritenute dipendenti statali”.
Insomma, dai suoi dipendenti lo Stato si riprende con una mano quello che elargisce con l’altra. Nulla di nuovo sotto il sole, sia ben chiaro, poiché questa partita di giro è ciò che sempre avviene in occasione di ogni incremento retributivo. Ma almeno i politici la smettano con la storia dei sette miliardi netti di stanziamento per il rinnovo dei CCNL. I lavoratori guardano la busta paga e fanno i conti con i livelli reali delle loro retribuzioni. Il governo può raggirarli per un po’ con la propaganda e la complicità della stampa. Ma alla fine i nodi vengono al pettine.
Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione
Roma, 20 dicembre 2023