Anche parenti o affini entro il terzo grado conviventi di persone con grave disabilità possono godere di un congedo straordinario, “in caso di mancanza, decesso, o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati” dalla legge, per prendersi cura del disabile.
Lo ha sancito la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 203/2013 del 18 luglio 2013, dichiarando illegittimo un articolo del Testo unico in materia di sostegno della paternità e della maternità.
«La limitazione della sfera soggettiva vigente», osserva la Consulta, ricordando che la legge finora non includeva parenti o affini entro il terzo grado tra i soggetti che potevano accedere al congedo straordinario, «può pregiudicare l’assistenza del disabile grave in ambito familiare, allorché nessuno di tali soggetti sia disponibile o in condizione di prendersi cura dello stesso».
La dichiarazione di illegittimità costituzionale «è volta precisamente a consentire che, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti menzionati nella disposizione censurata, e rispettando il rigoroso ordine di priorità da essa prestabilito, un parente o affine entro il terzo grado, convivente con il disabile, possa sopperire alle esigenze di cura dell’assistito, sospendendo l’attività lavorativa per un tempo determinato, beneficiando di un’adeguata tranquillità sul piano economico».
Per queste ragioni la Consulta ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del D.lgs 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, e alle condizioni ivi stabilite, il parente o l’affine entro il terzo grado convivente, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati dalla disposizione impugnata, idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave”.