L’ISTAT rileva 370mila unità in meno dal 2001 al 2011.
La drastica contrazione dei numeri del personale nella Pubblica Amministrazione è un dato allarmante destinato ad incidere sulla qualità dei servizi erogati. Si tratta di una equazione elementare ignorata dalle scelte politiche dell’ultimo decennio: se il personale pubblico diminuisce progressivamente, i servizi non possono essere più garantiti secondo gli stessi standard di qualità e di efficienza.
La politica non può assimilare la Pubblica Amministrazione ad un’azienda privata in cui il contenimento dei costi di personale e di gestione può indurre ad una riconversione e/o ad una riduzione delle attività. Lo Stato deve assicurare ai cittadini servizi e prestazioni, anche per la tutela dei diritti costituzionalmente garantiti. Il blocco del turn over e le sforbiciate inflitte agli organici hanno innescato una spirale perversa alla quale occorre imporre uno stop, onde evitare danni irreversibili.
Con una nota congiunta, i segretari generali di Fp-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fpl e Uil-Pa – Rossana Dettori, Giovanni Faverin, Giovanni Torluccio e Benedetto Attili – hanno commentato i dati del Censimento Istat su Industria e servizi, Istituzioni pubbliche e Non Profit, che ha quantificato la riduzione dei dipendenti pubblici in un -11,5% dal 2001 al 2011, con una contrazione secca di quasi 370 mila unità: “I dati forniti dall’Istat confermano come i tagli al personale abbiano colpito pesantemente i settori che offrono servizi, indebolendo il welfare senza operare una vera riorganizzazione della Pa e soprattutto senza ridurre la spesa pubblica”.
La macchina pubblica va resa più efficiente attraverso una concreta riorganizzazione che garantisca ai lavoratori che la tengono in vita retribuzioni dignitose, senza ulteriori ricorsi a tagli lineari a risorse e dotazioni organiche. Una operazione di razionalizzazione che scommetta in professioni e competenze.
In allegato, il comunicato stampa unitario.