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06.03.2014 – La IUC (Imposta Unica Comunale)

IUC

La Legge di Stabilità 2014 (Legge n. 147 del 2013), riforma le tasse comunali sulla casa (IMU e TARES) e istituisce una nuova imposta: la IUC (Imposta Unica Comunale), La nuova imposta si basa su 2 presupposti: il primo di natura patrimoniale e il secondo sul possesso destinato a finanziare i servizi dei Comuni.

La IUC si compone delle seguenti imposte:
– IMU (Imposta Unica Municipale);
– TASI (Tassa Servizi Indivisibili);
– TARI (Tassa Rifiuti).

L’istituzione della IUC lascia salva la disciplina dell’IMU.

 

I M U

La disciplina dell’IMU rimane su tutti gli immobili ad esclusione degli immobili adibiti ad abitazione principale e dei fabbricati rurali ad uso strumentale.
Non si applica, altresì:
– agli immobili appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa;
– ai fabbricati civili destinati ad alloggi sociali;
– alla casa coniugale assegnata al coniuge, in caso di separazione legale;
– ad un unico immobile, purchè non locato, appartenente al personale in servizio delle forze di “sicurezza”.

I Comuni, con proprio Regolamento, possono equiparare ad abitazione principale e per la quale non è dovuta
l’IMU:
– l’abitazione a titolo di proprietà o usufrutto, purchè non locata, posseduta da anziani o disabili ricoverati permanenti in strutture o istituti di ricovero;
– l’abitazione posseduta a titolo di proprietà o usufrutto da cittadini italiani residenti all’estero purchè non locata;
– l’abitazione concessa in comodato ai parenti in linea retta entro il primo grado (figli, genitori, suoceri e nuore), prevedendo che, l’agevolazione sia limitata alla rendita catastale al di sotto dei 500 euro (con pagamento dell’IMU per la sola parte eccedente) o ad un nucleo familiare con reddito ISEE non superiore ai 15.000,00 euro.

Le abitazioni principali accatastate in A/1, A/8, A/9 (ville, castelli ecc.), continuano a pagare l’IMU
come prima casa e le detrazioni spettanti sono soltanto quelle di base (200 euro).

Per gli immobili ad uso abitativo non locati situati nello stesso Comune di residenza del proprietario, con decorrenza 2013, viene introdotta l’IRPEF fondiaria al 50%

Per gli immobili strumentali alla produzione l’IMU è deducibile nella misura del 20% (per il 2013 era pari
al 30%) dall’IRES.

L’ALIQUOTA MASSIMA COMPLESSIVA DELL’IMU E DELLA TASI SUGLI IMMOBILI DIVERSI DALL’ABITAZIONE PRINCIPALE NON PUO’ SUPERARE IL LIMITE DEL 10,6 PER MILLE ( es. IMU 8,1 per mille e TASI 2,5 per mille; oppure IMU 10,6 per mille; o ancora IMU 9,6 per mille e TASI 1 per mille).

 

T A S I

Il presupposto impositivo della TASI è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di un immobile (fabbricati, aree scoperte, terreni edificabili), compresa l’abitazione principale, a qualsiasi uso adibiti. Pertanto, la TASI è dovuta da chiunque possieda (proprietario), o detenga (inquilini), a qualsiasi titolo un immobile
In caso di più possessori o detentori dell’immobile, essi sono tenuti all’adempimento dell’unica obbligazione tributaria.

Il gettito è destinato a finanziare i servizi indivisibili dei Comuni (pubblica sicurezza e vigilanza; tutela del patrimonio artistico e culturale; illuminazione stradale pubblica; servizi di manutenzione stradale e del verde pubblico; servizi socio-assistenziali; servizio di protezione civile; servizio di tutela degli edifici ed aree comunali).

Non finanzia, invece i servizi a domanda individuale, cioè quei servizi pubblici per i quali gli Enti Locali sono tenuti a richiedere una contribuzione a carico dell’utente (asili nido, mense, impianti sportivi ecc.).
La base imponibile della TASI è quella determinata ai fini IMU e l’aliquota è fissata all’1 per mille.
I Comuni possono ridurre tale aliquota fino all’azzeramento oppure aumentarla.

In caso di aumento i Comuni devono rispettare il vincolo in base al quale la somma delle aliquote della TASI e dell’IMU per ciascuna tipologia di immobile non può superare l’aliquota massima consentita per l’IMU al 2013 (6 per mille per la prima casa e 10,6 per mille per gli altri immobili).

Per il 2014 l’aliquota massima della TASI non può in ogni caso superare il 2,5 per mille per ogni tipologia di immobile.

Per i fabbricati rurali ad uso strumentale l’aliquota massima non può superare l’1 per mille.

In caso di immobile dato in locazione i Comuni con proprio Regolamento stabiliscono la quota a carico degli inquilini nella misura compresa tra il 10% ed il 30% della TASI, l’altra parte spetta al proprietario dell’immobile.

I Comuni possono prevedere riduzioni ed esenzioni, a carico del Bilancio comunale per:
– abitazioni con un unico occupante;
– abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale;
– abitazioni occupate da soggetti che risiedono per più di 6 mesi all’estero;
– fabbricati rurali ad uso abitativo.

Per la TASI le riduzioni possono, altresì, essere ancorate alla capacità contributiva della famiglia, anche attraverso l’ISEE.

La Legge di Stabilità assegnava, per il solo anno 2014, ai Comuni 500 milioni di euro ( 25 euro medi per abitazione), finalizzati, secondo le decisioni dei singoli Comuni, a finanziare detrazioni a favore dell’abitazione principale nonché dei familiari residenti anagraficamente (nucleo familiare). Ma tale previsione sembra essere superata dall’accordo Governo-ANCI, che stabilisce:
– un’addizionale all’aliquota base della TASI, che non può superare complessivamente lo 0,8 per mille per ogni tipologia di immobili (esempio: 0,4 per mille sulle prime case e 0,4 per mille su altri immobili, oppure 0,2 per mille sulle prime case e 0,6 per mille sugli altri immobili);
– i proventi derivanti dall’addizionale aggiuntiva saranno vincolati a detrazioni a favore dell’abitazione principale;
– i 500 milioni di euro della Legge di Stabilità, invece saranno destinati a “ristoro” dei Comuni derivante dal minor gettito TASI rispetto all’IMU.

I Comuni nel Regolamento della TASI, devono individuare i servizi indivisibili e per ciascuno di essi
devono indicare analiticamente i costi di copertura del gettito della TASI.

Il Consiglio Comunale deve approvare le aliquote della TASI e della TARI entro il termine fissato per
l’approvazione dei Bilanci di previsione.

I Comuni stabiliscono il numero e le rate di scadenza della TASI e della TARI, consentendo di norma il pagamento in almeno due rate semestrali, anche con scadenze differenziate tra TASI eTARI.
E’ comunque consentito il pagamento in un’unica rata annuale entro il 16 Giugno.

 

T A R I

La TARI è dovuta da chiunque possieda, occupi e detenga, a qualsiasi titolo, locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani.

I soggetti tenuti al pagamento di questo tributo sono tutti coloro che utilizzano realmente l’immobile, anche se non proprietari.

Sono escluse dal tributo le aree scoperte pertinenziali e accessorie delle abitazioni civili.

La TARI è corrisposta in base alla tariffa commisurata ad anno solare.

Con proprio Regolamento, il Consiglio Comunale determina la disciplina per l’applicazione del tributo. In particolare determina:
– la gestione e la classificazione dei rifiuti;
– la classificazione delle categorie di attività (utenze domestiche e non domestiche);
– la disciplina delle eventuali riduzioni e esenzioni;
– i termini di presentazione della dichiarazione e di versamento del tributo.

Il tributo deve coprire integralmente il costo del servizio (costi di investimento e costi relativi all’esercizio
relativo alla gestione dei rifiuti urbani.

I Comuni nella determinazione della TARI tengono conto dei criteri di calcolo “normalizzato” e la tariffa, articolata per fasce di utenza “domestiche e non domestiche”, è costituita da una parte fissa ed una variabile che si riferiscono rispettivamente alle componenti essenziali del costo del servizio ed alle quantità di rifiuti raccolti e trattati. In alternativa i Comuni nel determinare la tariffa, rispetto al principio “chi inquina paga”, possono commisurarla alla quantità media e qualità dei rifiuti prodotti da ogni categoria di immobile (raccolta differenziata).

I Comuni, dove esiste un sistema di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti, possono utilizzare il sistema della “TARIFFA” (in questo caso con l’applicazione dell’IVA), al posto della TARI.

La TARI è gestita e riscossa dal gestore affidatario del servizio di gestione dei rifiuti urbani.

Pertanto, i Comuni individuano il costo complessivo del servizio e determina la tariffa, per le utenze domestiche e per le utenze non domestiche, in relazione al piano finanziario predisposto dall’Ente gestore, relativo agli interventi del servizio.
Il Consiglio Comunale approva il piano predisposto dall’Ente gestore e il piano tariffario.

La tariffa sarà composta da una quota fissa, determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio (investimenti e relativi ammortamenti) e da una quota variabile rapportata alle quantità di rifiuti conferiti in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio compresi i costi di smaltimento.. L’insieme dei costi della tariffa è articolato in utenze domestiche e in utenze non domestiche.

La determinazione della “tariffa domestica” è commisurata in base a 2 elementi:
– una parte VARIABILE (in base ai metri quadrati)
– una parte FISSA (in base ai componenti il nucleo familiare).
A questo importo va aggiunto il Tributo Provinciale per le Funzioni Ambientali ( TEFA), stabilito dalle Province (dall’1% fino ad un massimo del 5%).
Nella modulazione della tariffa sono assicurate riduzioni per la raccolta differenziata riferibile alle utenze domestiche.

I Comuni, con proprio Regolamento, possono prevedere riduzioni tariffarie ed esenzioni nel caso di:
– abitazioni con unico occupante;
– abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale;
– abitazioni occupate da soggetti che risiedono per più di 6 mesi all’estero;
– fabbricati rurali ad uso abitativo.
Possono, inoltre prevedere ulteriori riduzioni ed esenzioni, che devono trovare copertura finanziaria da risorse comunali (attraverso il ricorso a risorse derivanti dalla fiscalità generale del Comune stesso), non possono in ogni caso eccedere il 7% del costo complessivo del servizio dei rifiuti.

I Comuni decideranno, pertanto, su buona parte del potere impositivo della pressione fiscale incidendo sul patrimonio e sui consumi.

Un segnale importante che dovrebbe favorire il rilancio della contrattazione territoriale e offrire opportunità da sfruttare per liberare spazi di discussione per la contrattazione decentrata con i comuni sulla tassazione del lavoro, coniugando le esigenze dei lavoratori e dei cittadini utenti. Spostare ad esempio il carico fiscale dell’addizionale IRPEF ad altre imposte significherà tassare meno i redditi imponibili dei lavoratori e dei pensionati liberando risorse da spendere e, nel contempo, si potrà migliorare la qualità dei servizi pubblici, diminuire le rette per gli asili nido i cui costi non sono coperti dalla TASI, ampliare la platea di assistenza dei cittadini meno abbienti; anziani, non autosufficienti, minori, immigrati. Una nuova fase in cui il Sindacato ha la possibilità di confrontarsi con i comuni su argomenti di vitale importanza per migliorare la vita dei cittadini, chiedendo ad esempio detrazioni differenziate per fasce secondo i redditi ISEE; per nuclei familiari composti da persone disabili, per i ricoverati a lunga degenza l’equiparazione dell’abitazione “a prima casa”, ecc.

La UIL è intenzionata a chiedere a tutti i comuni incontri preventivi, prima dell’approvazione dei bilanci di previsione, per discutere di questi argomenti. Gli enti locali a loro volta devono favorire il confronto evitando di decidere in solitudine. Si tratta infatti di questioni molto serie che non possono essere assunte senza il contributo di tutti, se si vuole veramente iniziare nel migliore dei modi la nuova stagione del welfare territoriale.

 

 

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